sabato 24 marzo 2012

aggettivi e sostantivi

Ero quasi sotto la doccia e sento suonare alla porta. L’ho chiuso fuori, ho pensato. Abbiamo la porta d’ingresso che da fuori si apre con le chiavi, da dentro casa si chiude con il chiavistello. Se non lo tiri bene fino in fondo poi da fuori non entra la chiave, ogni tanto mi succede di chiuderlo fuori e a lui poi tocca suonare. Guardo dallo spioncino, non era lui. Non si vedeva bene, Chi è? chiedo. Sono Marco di Lotta comunista. Aspetta un attimo gli rispondo. Apro, ci salutiamo e sorridendomi mi dice: Daniele è a correre. No, ‘sta volta è al supermercato. E niente, prendo quell’insieme di pagine illeggibili gli do il contributo mensile e bon. A me Marco è simpatico, avrà poco più di vent’anni, ci crede, ancora, e poi non dice compagno almeno una volta per frase. L’altro, quello che passa più spesso, invece non mi è per niente simpatico, ogni volta una discussione, e sì che dovrebbe averlo capito che non sono mai andata né a un incontro né a una delle manifestazione che organizzano. E poi a me, ogni volta che sento quella serie di compagno e compagna infilata ovunque mi viene da pensare: guarda che non siamo uguali. Però non glielo dico mica, che poi mi toccherebbe spiegarmi e mi sentirei altre frasi di risposta tutte infarcite di compagni e compagne. Che per me tutta quella serie lì: compagno/a/i/e è stata per anni solo un insieme di aggettivi. Son diventati sostantivi dopo, a scuola, quando ho iniziato ad averli dei compagni. A casa compagno/a/i/e, come sostantivo, non si usava quasi mai.

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