venerdì 31 dicembre 2010

1° buon proposito

Uno dei vantaggi di avere per fidanzato un orso sardo è che a capodanno non bisogna divertirsi a tutti i costi. Dipendesse solo da me il programma sarebbe tranquillo, cena tra amici e poi andare al porto a vedere i fuochi. Comunque la parte della cena mi piace e non si salta. ‘Sta sera preparo pasta con il salmone e gamberoni avvoltolati nella pancetta coppata che se no son troppo dietetici, e poi non farebbero abbastanza festa, ci metterò dell’insalata per contorno così faccio star buona anche la mia coscienza, e vino, bianco, che quello non manca mai. E i fuochi li vedrò dal terrazzo, come l’anno scorso.

(primo buon proposito per l’anno prossimo: ricordarmi di questo vantaggio quanto ciclicamente mi vien voglia di investirlo con i miei: uscire ogni tanto noi due no vero?)

giovedì 30 dicembre 2010

ma dai

Battere la testa contro una parete porta a un consumo di 150 chilo calorie all’ora.
(Fucus TV, 30 dicembre 2010)

campionato del bancomat

Oggi son andata in banca e il signore davanti a me, che sentivo benissimo nonostante rispettassi la linea gialla, ha chiesto al cassiere i movimenti del mese di dicembre. Quando ha avuto il foglio in mano ha iniziato a leggerlo. Più leggeva più scuoteva la testa. Poi ha esclamato: Belin ci fosse il campionato del bancomat mia moglie lo vincerebbe.

mercoledì 29 dicembre 2010

invece anche

Ma allora già sapevo che lo zio Lihau aveva ragione, e che i tratti distintivi della persona non si accontentano dei percorsi abituali lastricati dall’eredità, e si trasmettono invece anche nel latte, attraverso le storie, nella punta delle dita e nella saliva che passa in un bacio.

... l’aria e la terra, i principi e la cadenza nel parlare definiscono i tratti del viso non meno dell’eredità dei genitori.
(Il pane di Sarah, Meir Shalev, p.86 e p.131)

martedì 28 dicembre 2010

chissà (2)

Il primo era cattivo, decisamente cattivo. Sarà che son quattro giorni che non uso più questa caffettiera, mi son detta. Il secondo era cattivo, un cattivo diverso, un cattivo bruciato. L’ho messo su e poi sono andata a stendere, metà è finito sul piano della cucina. Chissà il terzo come verrà.

chissà


chissà se il 6 gennaio mia mamma li fa scendere di un piano.
(mettendo a posto le ultime foto)

domenica 26 dicembre 2010

un po' meglio



Questa mattina dopo colazione sono tornata a letto, in compagnia, e ci sono rimasta fin quasi all’ora di pranzo (perché non pranzare per miei equivale a compiere un peccato, non dico un peccato mortale ma molto molto grave sì). Per il pranzo di Natale invece eravamo da mia nonna e dopo mangiato mia nonna sia è messa a dormire da una parte, mio padre da un’altra, mia mamma guardava la tele e io mi sono messa a leggere. Dopo un po’ mia mamma ha spento la tele, è uscita dal salotto e quando è tornata aveva due libri in mano. Uno era quello che voleva leggere lei l’altro me l’ha messo vicino e mi ha detto: un po’ meglio i tuoi gusti adesso. Ci ha preso una ridarola, ma una ridarola tale che abbiamo rischiato di svegliare tutti.

sabato 25 dicembre 2010

una vera artista



Ieri sera ho giocato al mercante in fiera e nelle carte che mi erano arrivate c’era Venezia, me la sono tenuta ché è una carta che mi piace. Era il terzo premio. Dalla mamma di mia nipote ho comprato pesche e uva, non è una carta che mi piace tanto ma mi erano avanzati dei soldi e, sia mai che io tenga lì dei soldi così a far niente, l’ho comprata. Era il secondo premio. Mia nipote voleva il beduino non tanto per il beduino ma per il fatto che su quella carta c’era un cavallo, l’avevo io, glielo ceduto e le ho chiesto che carta delle sue mi dava in cambio, lei mi ha proposto la cortigiana o l’artista. Ho preso l’artista, era il primo premio. Non mi è mai successa una cosa del genere. Mi vergognavo di tutta quella fortuna e ho dato i premi a chi aveva le carte in origine.
Poi un’artista vera mi ha fatto un regalo.

venerdì 24 dicembre 2010

auguri



Cato (che si sta riposando dopo l'aver ferocemente lottato con il rotolo del nastro per fare i pacchetti) e io vi auguriamo un buon Natale

giovedì 23 dicembre 2010

Non ci avranno / finché questo cuore non creperà / di ruggine, di botte o di età.







chi ti ha fatto gli occhi e quelle gambe
ci sapeva fare
chi ti ha dato tutta la dolcezza
ti voleva bene







ora chiamo la mia amica Gabry e le chiesto come sta, io 'sta mattina a deglutire un mal di gola ma un mal di gola che è difficile descriverlo un mal di gola del genere.

martedì 21 dicembre 2010


Ho un altro ombrello scivertato. Da quando vivo qua ho notato che l’emivita dei miei ombrelli si è ridotta drasticamente. Durano niente, da integri. Poi fanno ancora un periodo, sembrano un po’ come vivacchiare, ma si vede che sono mal presi. Questo per ora non ha stecche rotte ma lo vedo che già marca male. E domani danno pioggia e vento. Io mi ero abituata a perderli e invece ora son diventata brava a raddrizzare le stecche. Fino a che si riesce, a raddrizzarle, che quando si rompono non c’è più nulla da fare, si devon buttare. O collezionare, dipende dai gusti. Quando le stecche si rompono andare in giro con l’ombrello e con il vento diventa pericoloso. Son delle armi gli ombrelli con le stecche rotte.

lunedì 20 dicembre 2010

sarà

Oggi mentre pranzavo ho letto un po’ la Repubblica on line poi ho visto che c’era un test dal titolo Gestione del tempo. L’ho fatto, e intanto pensavo: verrà fuori che non so gestire il mio tempo. Lo so, son degli anni che vivo con me. Lo so bene. Invece è venuto fuori che il mio profilo è Amica del tempo.

(c’era scritto che: Il tempo è della mia parte, perché col tempo ho un rapporto disteso, rispettoso ed equilibrato. Lo considero una dimensione naturale dell’esistenza, che richiede la capacità di agire e di aspettare, di pianificare e di adattarsi alle circostanze mutevoli. Insomma, il tempo per me è, come diceva Antonio Gramsci, “pseudonimo della vita stessa”)

domenica 19 dicembre 2010

la piccola artigiana



Quest’oggi ho spostato tutto sul tavolo ma l’altra sera era tutto sul divano. Palline di polistirolo di varie dimensioni, nastri, perline, pezzi di stoffa, campanelli, fili, aghi, spilli, pezzi di fil di ferro, bottoni, pigne, gomitoli di lana, nappine delle tende, forbici, metro, posacenere, sigarette. Il pennello in un ex barattolo della marmelleta e la colla vinilica invece erano per terra. E io non mi ero resa conto di quanto velocemente stesse passando il tempo, poi, verso l’una ho sentito: la piccola artigiana viene a dormire?

sabato 18 dicembre 2010

differenze (2)



Non son sicura, ma quasi. Bisognerebbe fare un esperimento per essere sicuri ma, secondo me, se la stessa frase fosse scritta in un’altra lingua non ne venderebbero una. Sarei quasi pronta a fare una scommessa. Se cambiassimo città e quella presina diventasse un ciapino con su scritto il corrispondente di Chi ride di venerdì piange di domenica, toccherebbe scontarli e poi, dal momento che secondo me rimarrebbero ancora tutti lì, li dovrebbero dar via omaggio.

differenze

L’altro giorno dopo uno starnuto mi son sentita dire: Salute (pausa) che se ne va.E subito dopo mi è venuto in mente che quando da bambina starnutivo mia nonna mi diceva: Salute e prosperità a quel bel nasin che ga stranuà.
Sono regioni molto diverse, in tutto. Potrei prendere l’abitudine di dirmelo da sola. È un bell’augurio.

mercoledì 15 dicembre 2010



Non ho mai imparato i nomi delle renne di babbo natale. Anche con i sette nani ho dei problemi, me ne manca sempre uno. Poi sto lì a pensarci fino a che non mi torna in mente. Girando in internet ho trovato una filastrocca dove ci sono i nomi delle renne. Ora devo capire chi è, è arrivata da noi l’anno scorso dopo capodanno e così è finita quasi subito nello scatolone rimanendo senza nome. Ora bisogna trovarglielo.





(Le renne di Babbo Natale
Non solo fanno la slitta volare / e in ciel galoppano senza cadere
Ogni renna ha il suo compito speciale / per saper dove i doni portare
Cometa chiede a ciascuna stella / Dov’è questa casa o dov’è quella.
Fulmine guarda di qui e di là / Per sapere se la neve verrà.
Donnola segue del vento la scia / Schivando le nubi che sbarran la via.
Freccia controlla il tempo scrupoloso / Ogni secondo che fugge è prezioso.
Ballerina tiene il passo cadenzato / Per far che ogni ritardo sia recuperato.
Saltarello deve scalpitare / Per dare il segnale di ripartire.
Donato è poi la renna postino / Porta le lettere d’ogni bambino.
Cupido, quello dal cuore d’oro / Sorveglia ogni dono come un tesoro.
Quando vedete le renne volare/ Babbo Natale sta per arrivare.)

delle cose

Ci sono delle cose che proprio mi danno addosso. Non ci posso fare molto, mi urtano il sistema nervoso. Una di queste è quando mi inoltrano (i vari capi che ho è il soggetto della frase) delle mail senza metterci due righe, compaino tutte le cose che spesso si trovano sotto i testi delle mail di lavoro: solo nome, cognome, Prof di, Istituto, numero di telefono e di fax, solo quello però. E io, quando le apro, non so se devo prendere atto della cosa, rispondere, incaricarmi di risolvere il problema, chiamarli nella speranza di trovarli negli studi. Ieri ne ho ricevute due. Alla seconda mi sono stufata e, cercando di rimanere nei limiti dell’educazione ma lasciando intendere che la cosa non mi faceva piacere, ho chiamato e chiesto: scusa se ti disturbo ma non c’è testo nelle mail che mi hai mandato vuoi che me ne occupi? ‘sta mattina ne è arrivata un’altra, altro capo (perché io sono fortunata ho ben tre capi ma uno non sa scrivere le mail quindi mi fa chiamare dalla segretaria e almeno in quel caso si capisce qualcosa velocemente). Però oggi aprendola, sarà che sono di buon umore, mi son detta: ci vuol pazienza. E puoi mi veniva da ridere.

lunedì 13 dicembre 2010

riassumendo il riassunto

Questo pomeriggio sono andata a sentire David Grossman al Ducale. L’incontro di oggi era all’interno di una cosa che si chiama Mediterranea e che non conoscevo. Giovedì sera, quando ho scoperto che sarebbe passato da Genova, ero molto contenta. Son passati solo due anni dall’ultima volta che è venuto qua, ero andata anche quella volta. Non ho letto tanto di suo, sei romanzi, ma tutto quello che ho letto mi è piaciuto molto. Anche Grossman l’ho scoperto grazie a mia mamma. Mi aveva prestato Vedi alla voce amore. Ora che ci sto ripensando io, di quel libro, avevo capito poco del secondo capitolo. Bruno mi sembra che s’intitoli, le ho restituito il libro non posso controllare. Lei, mia mamma, mi ha detto che è perché non ho mai letto nulla di Bruno Schulz. Da qualche parte dovrei avere in casa Le botteghe color cannella, non l’ho ancora letto però. È uno dei libri che prima o poi prenderò in mano. Ci vorrebbero le giornate più lunghe, o la capacità di gestire meglio il tempo. Della letteratura per bambini (di Grossman) non ho letto nulla. Questa sera ho sentito una storia dal titolo: L’abbraccio. Mi è piaciuta molto. Mi ha fatto venir voglia di leggerne altre.
L’inglese di Grossman si capisce bene anche se si è al mio bassissimo livello, comunque c’era il traduttore e mi ha fatto piacere ci fosse. Sentir due volte le cose aiuta, aumenta le possibilità che me le ricordi. Da un po’ di tempo al ragionamento e il mio, ammesso che ci sia, è molto lento, ha bisogno di molto ma molto tempo. Mi giustifico tra me e me pensando: è un periodo che son stanca. Riassumendo quello che ho sentito, ma riassumendo il più possibile tipo riassunto del riassunto, a me sembra che ‘sta sera siam partiti ragionando su quello che passa per la testa di un bambino che sente la mamma che gli dice: sei unico, alla capacità della letteratura di farci sentire unici, e per questo soli, ma nello stesso tempo, con le stesse pagine, in contatto con il resto del mondo. Una specie d’abbraccio anche quello.

domenica 12 dicembre 2010

ieri sera



abbiamo fatto il nostro albero.

sabato 11 dicembre 2010

dizial(?)

‘sta mattina mi sono alzata e dopo colazione mi sono resa conto che ormai era arrivato il momento di fare le cose per bene. Insomma mi sono messa a mettere a posto e a pulire un po’ come si deve, tipo far giù la polvere togliendo le cose dai ripiani invece di girarci intorno con lo straccio e passare una specie di cera per i mobili in legno. Insomma una sorta di pulizie pasquali sotto natale (finestre e tende vanno però a dopo natale, tanto mi prendo un bel po’ di giorni di ferie, avrò del tempo per farlo. Forse). Vedevo che era ormai necessario farlo ma non è che proprio ne avessi una gran voglia e così continuavo a perdere roba in giro per la casa. Stracci, barattoli, il coso per far la polvere alle cornici o ai lampadari. E allora mi è venuto in mente una cosa che mi diceva mia mamma quando mi succedeva la stessa cosa ma abitavamo ancora insieme. Io le dicevo: hai visto dove ho messo …? o: hai visto dove ho lasciato …? E lei mi rispondeva spesso: chi no ga vogia de lavorar perde l'ago e anca il dizial. Che ditale si scriva realmente dizial nella sua lingua non sono mica più tanto sicura, ‘sta sera quando la chiamo glielo chiedo.

giovedì 9 dicembre 2010

contenta e confusa

A volte mi succede di incontrare delle frasi che mi piacciono così tanto che poi me le vado a cercare di nuovo, per leggere così come son state scritte (o scritte e tradotte) perché, secondo me, a non ricordarle esattamente si fa loro un torto e metterle giù meglio è difficilissimo se non impossibile. E quando le ritrovo, non ci riesco sempre ché magari l’autore lo ricordo anche ma non mi ricordo più dove le avevo lette, quando le ritrovo son molto contenta.

Non posso negare di aver sempre condotto due esistenze, una assai vicina alla verità, che in effetti ho diritto di chiamare realtà, e un’altra esistenza, un’esistenza fittizia, tutte e due insieme con l’andar del tempo hanno prodotto una esistenza che mi tiene in vita, ora domina l’una ora domina l’altra, ma io vivo sempre, si badi bene, entrambe queste esistenze insieme. (Thomas Bernhard La cantina p-118)

e poi magari succede anche che son lì a fare dei dialoghi tra me e me, a dirmi: ma come ti capisco, ti capisco proprio bene. Però poi, magari, può anche essere che, dal momento che è uno di quei libri che se lo riprendo in mano poi mi viene difficile metterlo giù, vado avanti e trovo:

Parlo un linguaggio che io solo capisco, nessun altro, così come ognuno parla soltanto il proprio linguaggio, e quelli che credono di capire sono degli imbecilli oppure dei ciarlatani. (p- 120)

e ora son confusa, ma son sempre contenta. Contenta e confusa, insieme.

mercoledì 8 dicembre 2010

8 dicembre

Oggi abbiamo passato una gran bella giornata in compagnia di amici. Ho anche fatto l’albero di Natale rispettando così la tradizione. Il nostro lo farò sabato, che a me gli alberi di Natale piacciono molto, anche avere una scusa per fare regali è una cosa che mi piace molto. Oggi l’albero l’ho fatto con un bambino e con una gatta (la gatta però ci remava contro, tirava giù le palline). Ci sono persone con le quali sto bene fin da subito e non so bene spiegare il perché. In questo caso un po’ è anche dovuto al fatto che ha un gran bel carattere ma non penso sia solo per questo. Io con quel bambino mi son sempre trovata, anche quando era più piccolo. La sorella non ci ha aiutato molto era presa a giocare con il suo Nintendo.
Nella cucina di quella casa c’era un foglio appeso con una calamita a una lavagna, era un decalogo. La prima legge era: non bisogna mai dire bugie, almeno, mi sembra di ricordare così. La decima era bellissima: non si fanno esperimenti nell’appartamento del primo piano. Secondo me l’ultima legge era più per il bambino che per la bambina.

martedì 7 dicembre 2010

trogolo (o truogolo)



La cosa bella dell’essere ignoranti, ad esempio di non conoscere bene la propria lingua, è che con niente, con solo un po’ di curiosità, si possono trovare nuove cose per stupirsi. Non è poco. Cose che, a chi sa un po’ d’italiano, suonano normali a me destano una serie di ragionamenti, di ricordi e poi la ricerca. A esser sincera sincera la ricerca a volte, non sempre, a volte mi dimentico e poi quando mi imbatto di nuovo nello stesso punto mi accorgo che i propositi di ricerca se ne erano andati a fare un giro senza più tornare.

Io, fino a poco fa, se qualcuno mi avesse chiesto che cos’è un trogolo avrei risposto: la mangiatoia dei maiali. E bon, morta lì. Magari mi sarebbe anche tornata in mente una sera a casa dei miei, una sera con una cena di quelle dove non manca niente, quelle che finiscono con frutta, dolce, caffé con sigaretta, grappa e poi magari sigaretta di nuovo. Quella sera, quella del ricordo di adesso, aiutando mia mamma a sparecchiare ho visto due cipolline, sole, dimenticate da tutti e, invece di mettere la pellicola trasparente sulla ciotola e metterle in frigo, me le sono mangiate. Sei peggio di un trogolo, mi ha detto mia mamma, ma ridendo, non come critica, che anche a lei piace mangiare. Però a pensarci ora devo dire che non aveva mica torto; col fatto che tanto poi nella pancia si mescola tutto io riesco a fare delle cose che non sembrano tanto normali.

Il nome di quella piazza per me non aveva molto senso. Per cercare di darglielo sono andata a pensare che magari lì c’era il mercato dei maiali, una volta. Poi ho cercato e ho scoperto che trogolo (o truogolo) è anche: vasca quadrangolare in muratura, costruita all’aperto, usata per farvi il bucato, risciacquarvi ortaggi o altro. Ora torna di più.

(Piazza dei Truogoli)

lunedì 6 dicembre 2010

vedremo




La zona qua sotto casa sta cambiando. Dovrebbe arrivarci la metro, la fermata di Brignole. Non ho idea di quando finiranno, è da quel dì che doveva essere finita ma mi sembra che manchi ancora un bel po’ di lavoro. Ora si dice che sarà pronta per l’inizio del 2012. Vedremo. Poi, pochi mesi fa, hanno buttato giù due palazzi. Una mattina passando ho visto che mentre buttavano giù c’era uno, tutto bardato con una tuta bianca, con anche la mascherina, su una scala di quelle grandi, lunghe, metalliche attaccate a una macchina, tipo le scale dei pompieri ma non era una macchina dei pompieri. Aveva la canna dell’acqua in mano, spruzzava acqua. Me lo ricordo bene perché mi ricordo che cosa mi è passato per la testa e mi ricordo anche che io, che spesso non mi faccio i ca@@i miei, a una mamma se ne stava lì a guardare la cosa con un bambino di due anni in braccio ho detto: sicuramente mi sbaglio, ma se stanno innaffiando per tener giù la polvere d’amianto è meglio passare da qua velocemente. In quello spazio, dicevo, dovrebbero costruire un silos perché la stazione di Brignole è più o meno senza parcheggio. Il punto è che qua sotto c’è acqua e quindi è molto più semplice fare un silos che sale verso l’alto (va beh, se sale per forza va verso l’alto) ma la popolazione, soprattutto quella che abita in questa zona, non ha la minima voglia di trovarsi davanti un mostro che toglie la vista e quindi, se proprio ci deve star un silos qua, vuole un silos che scende, che se ne va sotto terra, al massimo di due piani fuori. Due piani verso l’alto e il resto verso il basso, nascosto alla vista. Vedremo.

domenica 5 dicembre 2010

ottagonale




Oggi è nuvolo e a me, con questo tempo, vien voglia di rimanermene a casa tutto il giorno.

Ieri invece era una gran bella giornata, c’era un cielo bellissimo e una gran bella luce, veniva voglia di star in giro tutto il giorno.

(Campanile di San Donato. Non è storto, è la mia foto che è un po' storta ma pace)

giustificazione/scusa

A me non piace molto stirare. Di solito stiro la domenica mattina, non tutte le domeniche mattina. Quando fa caldo tendo a saltarne fino a che non mi trovo con tutta la roba che non si può mettere in quello stato per andare a lavorare e allora mi decido. Quando fa freddo ne salto di meno. Oggi mi sono resa conto che ho preso, in poco tempo, una bella abitudine; ma oggi non si può fare come mi sono abituata a fare da poco e quindi oggi non si stira. Si rimanda a domenica prossima, ma ho la giustificazione. In realtà è una scusa, ma va bene anche da giustificazione: ‘sta settimana niente capitolo nuovo. Se si ascolta una cosa interessante, letta bene, il tempo ti passa via che neppure ci si accorge che si sta stirando. Però penso che sia un bene che l’abbia già letta a modo mio, col mio ritmo, ché il conoscere la storia mi fa star più attenta al suo modo di leggere le stesse pagine ma mi lascia anche quel minimo di concentrazione che serve per non stirarmi anche le mani.

(i primi quattro capitoli sono qua)

sabato 4 dicembre 2010

righe



(San Lorenzo)

venerdì 3 dicembre 2010

un amico

Ci sono delle volte che avresti bisogno se non di un abbraccio almeno di una pacca su una spalla. E non arriva. Tu ci provi a vedere se arriva, non è che proprio la chiedi ma quasi, sei convinta che si capisca che ne hai bisogno, senza star lì tanto a dirlo. Ma niente. E quando ti rendi conto che non arriva e punto, e quando poi ti rendi anche conto che non è puoi successo nulla di così grave e forse non hanno così torto a non capire una cippa di quello che provi allora può succedere che ritiri fuori un amico immaginario. Te la fai dare da lui. E pensi che un mondo senza libri sarebbe un gran brutto mondo.

mercoledì 1 dicembre 2010

bucato



il bucato di fine giornata

martedì 30 novembre 2010

fa casa

Io al vento, soprattutto al vento freddo, non mi abituerò mai. Ho perso ogni speranza di abituarmi al vento freddo. Son qua dall’88 e sono ancora al punto di partenza. Ci si deve nascere in un posto ventoso per aver un minimo di speranza di abituarcisi. Il vento freddo si intrufola ovunque, e non c’è giacca che lo tenga lontano, lui si infila e poi ti secca le mani, e le labbra, e io non ho mai voglia di mettere la crema che con le mani incremate non si può far niente se non farsi venire il nervoso. Però, tornare a casa dopo aver fatto un pezzetto strada al vento, entrare a casa e sentire il caldo, sentire il naso e le orecchie che stanno cambiando colore, cambiarsi che si ha ancora freddo ma già meno, infilarsi la tuta che è là, buttata in malo modo ai piedi del letto, maglietta e giacca in un sol colpo perché tolti in un sol colpo la sera prima, è una cosa che mi piace molto. Fa casa. Anche scrivere un post tutta storta perché sulle gambe c’è un gatto che fusisce fa casa.

lunedì 29 novembre 2010

poi torna

L’amicizia è un cumulo di sentimenti solidi e contrastanti, è confidenza e sospetto, è generosità e egoismo, è benevolenza e malanimo.

Le pietre volanti L. Malerba

Il sospetto non mi torna, non riesco a capire che cosa possa avere a che fare il sospetto con l’amicizia. Io, se sto sospettando di un/a amico/a mi vien da pensare che l’amicizia se ne sta andando. L’egoismo e il malanimo mi tornano già di più. È già più facile che ci siano nell’amicizia. Almeno, a me è capitato, non so agli altri. Poi se mi accorgo di loro mi vergogno, mica tantissimo, un po’. Confidenza, generosità, benevolenza van d’accordo con l’amicizia, l’egoismo e il malanimo con l’amicizia sembra che non vadan d’accordo ma, se ci si pensa su con calma si capisce, e tornano anche loro. Io quando sono veramente amica di qualcuno devo stare attenta. Son portata a pensare che la nostra amicizia debba bastare che non ci sia posto per qualcun altro e con ‘sto tipo di pensieri l’egoismo e il malanimo van d’accordo. Li capisco, son tutti e due là, dietro l’angolo dell’amicizia, pronti a saltar fuori se solo mi distraggo. Ma il sospetto? il sospetto non lo capisco. Però questa è una di quelle frasi che una volta letta mi si pianta dentro e poi anche se penso che se ne sia andata via non è mica vero, questa mi sa che è una di quelle frasi che magari se ne va anche ma poi torna quando meno me lo aspetto.

domenica 28 novembre 2010

47 e una

Sempre ieri pomeriggio c’era chi presentava Nori, non mi ricordo il suo nome, io per i nomi non ho memoria, anche quello di Nori ci ho messo del tempo a impararlo poi ho trovato il modo (sotto casa dei miei, che poi è stata anche casa mia per un bel po’ di anni, c’era una lavanderia e andando avanti per la stessa strada c’era, e c’è ancora, un negozio che vede macchine fotografiche e sviluppa fotografie che sia chiama Noris foto e subito dopo c’era, e c’è ancora, un fiorista, Paolo fiori), quello che presentava Nori, dicevo, ha letto l’elenco delle sue opere, anche delle traduzioni e è saltato fuori un 47 poesie difficili e una facile e a me, sentendolo, è arrivato un sorriso che, anche dopo la correzione di Nori, se ne stava lì e mica se ne andava. Quel libro io l’ho preso che era uscito da poco ma poi gli sono passati avanti altri libri. Il titolo, quel titolo, aveva su di me la capacità di allontanarlo. Poi mi son decisa, mi son detta: te leggi poi al massimo gli cambi titolo, nel peggiore dei casi diventerà: 47 poesie facili e una difficile per lui, 47 poesie difficili e una facile per me (poi, quelle difficili, son state più di una ma meno di 47). E adesso ripensandoci mi è venuto anche in mente che su aNobii avevo visto un gruppo con una domanda su quel libro: Qual è secondo te quella difficile? ma non c’erano risposte. Son andata a cercarlo. Non riuscivo più a trovarlo per colpa di una maiuscola. Poi l’ho trovato ma continuano a non esserci risposte. Peccato, le avrei lette volentieri.

sabato 27 novembre 2010

dei danni

Oggi sono stata a Arenzano, volevo sentire Nori. E mi è successo che un discorso che stavo facendo qualche giorno fa con la mia amica C. (che ha un numero di anni meno di me tale che si può tranquillamente dire che è della generazione dopo la mia) ha fatto corto con quello che stavo sentendo e così tornando a casa, sul treno che mi riportava a Brignole, ci ripensavo. E alla fine son arrivata alla conclusione che altro che star lì a non disturbare, c’è chi di noi ha fatto dei danni.
C’era un pezzo di quel discorso che, ora non lo ricordo a memoria, non ci posso mettere la mano sul fuoco che l’abbia letto senza cambiare nulla, ma se non era identico era molto simile, che fa: “Quelli che erano nati negli anni venti, e che avevano vent’anni negli anni quaranta, avevan dovuto combattere perché c’era la guerra e servivano dei soldati. Quelli che eran nati negli anni trenta, e avevan vent’anni negli anni cinquanta, avevan dovuto lavorare perché c’era stata la guerra e c’era un paese da ricostruire. Quelli che eran nati negli anni quaranta, e che avevan vent’anni negli anni sessanta, avevan dovuto lavorare anche loro perché c’era il boom economico e una grande richiesta di forza lavoro. Quelli che eran nati negli cinquanta, e che avevan vent’anni negli anni settanta, avevan dovuto contestare perché il mondo così com’era stato fino ad allora non era più adatto alla modernità o non so bene a cosa. Poi eravamo arrivati noi, nati negli anni sessanta e che avevamo vent’anni negli anni ottanta e l’unica cosa che dovevamo fare, era stare tranquilli e non rompere troppo i maroni. Mi sembrava che noi, avevo detto, fossimo stata la prima generazione che, se ci davano un lavoro, non era perché c’era bisogno, ci facevano un favore.” Io quel pezzo l’ho letto più volte e l’ho sempre trovato bello e vero. Mi ci sono sempre ritrovata in quel ragionamento e invece ‘sto pomeriggio mentre lo ascoltavo mi sono resa conto che, per me, ne manca un pezzo. Perché, secondo me, quelli della mia generazione, che poi è la stessa di quella di Nori dal momento che abbiamo un anno di differenza, non dico tutti ma molti, con il fatto di accettare un lavoro come un regalo, abbiamo fatto dei danni (e sarebbe anche il caso che la piantassi lì con gli impersonali e i discorsi generici e passassi all’io). Io sono una di quelli che ha fatto dei danni perché son stata ben contenta di ricevere una borsa post dottorato e son stata ben contenta di essere stata assegnista universitaria per quasi quattro anni. Io quei contratti li ho firmati, anche se non trovavo giusto che quei contratti non avessero un numero di giorni di ferie stabilito ma contemplassero ferie a discrezione del capo servizio. Io li ho firmati anche se non trovavo giusto che quei contratti prevedessero la maternità ma senza stipendio. In quei fogli c’era scritto che se volevi avere un figlio te te ne stavi a casa cinque mesi, perché per legge per cinque mesi non potevi lavorare, ma senza percepire stipendio, infatti è noto che per due mesi prima della nascita di suo figlio e per i primi tre dopo una donna non ha bisogno di mangiare, non paga l‘affitto e non spende in bollette, vive d’aria e della gioia della maternità. Io, dicevo, quei contratti li ho firmati e ero contenta di firmarli. Mi sentivo fortunata. E non sono neppure tanto sicura che ritrovandomici, ritrovandomi nelle stessa condizioni, con lo stesso entusiasmo che avevo in quel periodo della mia vita, non rifarei gli stessi errori. E l’altro giorno parlando di precariato con C. io alla mia amica glielo detto: è anche colpa mia se ci sono in giro contratti del genere. Io e altri con me, siamo stati tra i primi, abbiamo fatto da cavie e hanno visto che la cosa poteva funzionare. E adesso voi, avete il lavoro doppiamente più difficile, voi adesso, per poter cambiare le cose dovete fare il doppio del lavoro perché sanno che persone come noi esistono.
Però, sempre tornando verso Brignole, pensavo che bisogna anche trovare un modo di dar loro una mano che capire che si sono fatti dei danni è un punto di partenza ma non basta mica.

venerdì 26 novembre 2010

uno zio vero

Mia mamma è figlia unica, mio papà no, mio papà è un secondo figlio. E così io ho avuto uno zio. Un solo zio di sangue, anche sua moglie la chiamavo zia, e anche i prozii li ho sempre chiamati zii, e anche degli amici dei miei, anche loro li chiamavo zii, ma loro li chiamavo zii solo da bambina.

Giovedì andando prima a Bergamo e poi a Legnano mi venivano in mente immagini di mio zio. Non erano ricordi, erano un po' come delle fotografie, e ogni fotografia muoveva dei ricordi, ma dopo, prima c'era la fotografia. Alcune erano legate all’infanzia, altre agli ultimi anni. Mio zio me lo ricordo come una persona molto seria e poco incline a esternare quello che prova. Non ho mai capito se era pudore o incapacità, ma la cosa è poco importante. Una persona con un forte senso della famiglia e del dovere. Oggi mentre tornavo a Genova mi sono tornati in mente ricordi di quando eravamo al mare, tutti di pochi anni fa. In uno eravamo in spiaggia ad Alassio. Lui, da quando era rimasto vedovo, aveva diminuito al massimo il dialogo con gli altri frequentatori dei bagni. Aveva trovato un modo bellissimo, teneva i tappi per le orecchie che usava quando andava a nuotare anche quando sedeva sulla sdraio. Dei tappi giallo polenta che si vedevano benissimo anche da lontano. A me, togliendosene uno, aveva detto: se vuoi dirmi qualcosa picchiami su una spalla, che li tolgo.

martedì 23 novembre 2010

cassette teletrasportate



Oggi c’era sciopero degli autobus, garantivano solo le fasce dalle sei alle nove e dalle diciassette alle venti. E così è successo che io all’una avevo finito di lavorare da una parte, nell’istituto dove lavoravo fino a sette anni fa, e me ne volevo andare a lavorare nel posto dove lavoro ora ma non avevo voglia di prendere un taxi. Me la sono fatta a piedi. Non è lunghissima ma neppure corta. Ci vogliono tre quarti d’ora, se si cammina di buon passo. All’inizio c’è una salita, non molto ripida, poi invece è tutta discesa. E c’era il sole, e si stava proprio bene. A camminare veniva fin caldo. Ho tolto il cappotto ma ho tenuto la sciarpa. Secondo me ero un po’ ridicola in golf di cotone e sciarpa di lana anche un po’ pelosa, la sciarpa. In via V Maggio c’erano tre cassette delle lettere che sembravano teletrasportate da un altro posto, non ci acchiappavano niente con i palazzi vicini. Erano bellissime.

lunedì 22 novembre 2010

considerazione/confessione

A me il foglio bianco spaventa. Spaventava quando andavo a scuola, spaventa adesso. Anche il foglio bianco virtuale mi spaventa. È una settimana che devo scrivere una cosa, una cosa corta sulle tremila battute, in italiano e poi l’argomento lo conosco. Continuavo a rimandare. ‘Sta sera mi ci sono messa, meglio non commentare il risultato ottenuto per ora. Mi è venuta pure voglia di passare da qua pur di allontanarmi da quella mezza paginetta. Va beh, ora mi mangio un Lindor di quelli grossi, con la carta nera, poi magari mi fumo una sigaretta e poi riapro quella mezza pagina.
Dovessi scrivere più spesso sarei grassa come un maiale e spenderei il doppio in sigarette.

sabato 20 novembre 2010

trattati bene

Io non lo so se capita a tante o a poche ma se io trascuro i miei talloni loro si arrabbiano e si tramutano velocemente in zoccoli. La cosa mi urta, parecchio. Oggi sono andata di pomice, oggi son corsa ai ripari. E mentre usavo la pomice verde che mi sono comprata quest’estate al Bottegone di via Garibaldi mi dicevo: te non ti tratti bene. È un periodo questo che non ti tratti bene. Ora si cambia registro. E mi è venuto in mente che trattati bene lo dico solo alle persone alle quali, per un verso o per l'altro, voglio bene. E l’altra sera ero al telefono con mia mamma e le ho detto: cerca di trattarti bene e lei mi ha detto: vardarò e a me è venuto da risponderle: guarda che se non tratti bene la mia mamma io mi arrabbio e vengo là.

giovedì 18 novembre 2010

gironata

‘sta mattina, anzi anche ‘sta mattina proprio come ieri, sono arrivata a lavorare e una collega invece che rispondere al saluto ha abbaiato. Non scherzo, è proprio così io dico Ciao e lei risponde Bau, cioè dice Ciao ma lo dice con un tono che io sento Bau. E già son stanca, che è un periodo che c’è una montagna di roba da fare che non fai tempo a tirare il fiato che ne arriva altra, già oggi dovevo fare delle cose che non mi piacciono, che non mi incuriosiscono per niente ma che devo fare perché le devo fare e allora bon le faccio. Insomma ero all'inizio della giornata e mi si stava velocemente stortando l’umore. Allora prima di iniziare ho controllato la posta e risposto a delle mail. Una era da scrivere in quella lingua che non mi piace, politichese lo chiamo. Quelle mail che iniziano con Gentile Dott. o Dott.ssa e dovrebbero finire con cordiali saluti ma a me scrivere cordiali saluti proprio non piace e così di solito finisco con Buona giornata. C’era la mia amica C. in stanza, le ho chiesto: hai voglia di leggerla e vedere se si capisce? Lei l’ha letta, si capisce, mi ha detto, ma guarda che hai scritto buona gironata. Aveva ragione, avevo proprio scritto gironata. Abbiamo deciso che ci piace gironata, che lo possiamo tenere nel nostro vocabolario.

Alcuni esempi dell’uso della parola gironata e suoi derivati:

Come va?
Guarda, lasciami perdere che sono gironata.

Vieni a prendere un caffè? Ho bisogno di una pausa che sono gironata.

Ero gironata e poi mi son detta: Ma ti pare il caso? e mi è passato subito il gironamento.

Secondo me può funzionare.

martedì 16 novembre 2010

pollice

‘sta mattina sull’autobus c’era un bambino che avrà avuto sì o no quattro anni che giocava con un giochino elettronico e muoveva i pollici a una velocità incredibile. E allora mi è tornata in mente mia nipote che con la sua macchina fotografica nuova è velocissima. L’altra sera mi ha fatto vedere le foto che sua mamma aveva fatto alla festa di una sua amica. L’amica si chiama: Isa-che–mi-ha-rotto-l’hula-hoop. Non l’ha mai chiamata in maniera diversa. Lei mi faceva vedere le foto e andava avanti o indietro, ingrandiva per farmi vedere meglio amici e compagni di classe, con ‘ste ditine piccole e velocissime. E poi ‘sta mattina mi è venuto in mente che la mamma di mia nipote mi ha raccontato che il maestro di piano ha implorato i genitori di far giocare i bambini con qualcosa di differente dei giochi elettronici perché quest’anno gli è capitato che tra i bambini del primo corso, quelli di tre anni, c’era chi, quando lui diceva: schiaccia questo tasto, lo facevano con il pollice.

lunedì 15 novembre 2010

lampioni

‘sta sera c’è tanto di quel vento che son uscita sul terrazzo per portare in casa l’innaffiatolo chè avevo paura che cadesse di sotto e ci sono dei lampioni che per pochi secondi illuminano a giorno. I tuoni che dovrebbero seguire i lampioni non si sentono. Deve essere lontano il vero temporale, sul mare, lontano, a guardar da dove vengono i lampioni.

domenica 14 novembre 2010

questo fine settimana

- ho fatto la figlia a tempo pieno per quasi due giorni
- mi son sentita chiamare zia Latte per una cena e una serata
- ho giocato a Scarabeo-Geronimo Stilton in coppia con mia nipote, lei ha vinto tutte e due le partite (e quindi anch’io ho vinto, il mio contributo però è stato molto scarso, l’unica parola utile è stata combusto)
- ho mangiato lo strudel di mia mamma che è buonissimo e dentro c’è di tutto anche albicocche e prugne disidratate, grappa, e anche i biscotti tritati così se le mele lasciano giù troppo liquido la sfoglia si cuoce bene lo stesso.
- ho fatto una battaglia con mio fratello. Le munizioni erano i gusci dei pistacchi.
- sono andata in cimitero, era da luglio che non ci andavo.
- ho giocato con i gatti dei miei. Fino a due anni fa andavo particolarmente d’accordo con il maschio, ora anche con la gattina mi trovo bene. Fusiscono in modo differente ma tutti e due fusiscono in un modo molto bello.
- mi sono messa a cercare con mia mamma la sua copia di un libro che stavo leggendo, volevamo confrontare le due traduzioni. La sua copia era di suo papà, aveva le pagine di quelle che si devono tagliare prima di iniziare a leggere. Non siamo riuscite a trovarlo ma abbiamo ripreso in mano libri che ci sono piaciuti.
- ho preso quattro treni e tutti e quattro i treni che ho preso erano in orario, anzi il Milano Bergamo è arrivato con tre minuti d’anticipo.

venerdì 12 novembre 2010

biscotti (prova)

La veterinaria di Cato è omeopata, eh sì ci sono anche i veterinari che credono nell’omeopatia, io poco. Nell’effetto placebo invece credo, cioè credo è un po’ forte, diciamo che sono abbastanza convinta che esista. Allora dicevo che a volte Cato ha dei problemi di salute, alcuni si arginano con l’omeopatia altri vengono riconosciuti come importanti anche da lei e vengono curati con farmaci tradizionali. Era un periodo che non stava benissimo ma neppure male, Daniele l’ha portato dalla veterinaria ed è tornato con una ricetta. Quando ho saputo che gli aveva dato un prodotto omeopatico ho pensato: bene, non è niente di preoccupante, e la ricetta non l’ho neppure letta. Poi dopo tre giorni stava meglio. Ma guarda te, gli ho detto (a Daniele l’ho detto, non a Cato), ‘sta volta l’egua santa ha funzionato. Lui mi sorrideva e taceva. Allora ho detto quello che voleva sentire, ché dopo anni che si vive insieme lo sapevo benissimo che cosa si aspettava. E lui sorrideva, e taceva. Poi continuava a tacere. Poi, dopo ancora, è andato in cucina, è tornato, mi ha messo in mano il flaconcino e mi ha detto: pochi granuli fanno miracoli. Ho letto. L’egua santa di questa ricetta si chiama: apocynum cannabinum.
Io, se ne avanza di quei granuli, vorrei provare a scioglierli e aggiungerli alla posta frolla. Secondo me vengon fuori dei biscotti buonissimi.

12 novembre 2010

Giornata di mobilitazione nazionale per la cultura
se hai voglia clicca e leggi, se poi vuoi firmare è ancora meglio

martedì 9 novembre 2010

vermi fucsia

Ho fatto una sciarpa fucsia con una specie di fettuccia che però non è una vera fettuccia, o meglio è una fettuccia fatta strana. Il filato, si dirà filato anche per le fettucce?, il filato dicevo è fatto con due centimetri realmente di fettuccia, lucida, e due centimetri divisi in due fili paralleli, opachi, più grossi. I punti si fanno mettendo i ferri tra i due nastri paralleli. Tutto dritto, ferri 9. Vai su di un veloce che ti meravigli di quanto si possa andare veloci con i ferri così grossi. L’effetto mi piace molto. Sembra una sciarpa fatta di vermi. Vermi fucsia però.

lunedì 8 novembre 2010

fine corsa





Una fermata prima del capolinea del 45 (fine corsa per me), sempre ‘sta mattina. E c’era una mareggiata bellissima, e scendendo dall’autobus mi venivano in faccia le goccioline di mare, e il profumo del mare. Era da scendere in spiaggia e stare lì fino a che non se ne poteva più del vento, altro che chiudersi in laboratorio.

inizio corsa




Al capolinea del 45 (inizio corsa per me), ‘sta mattina. E non arrivava, e ne saran saltati 2, e il popolo del 45 ha iniziato a mugugnare, e anche a me stava partendo il mugugno e poi mi son voltata e mi son messa a fotografare Brignole ché c’era un cielo bello e vento, così tanto vento che si alzava anche la terra secca dell’aiuola lì vicino, anche la polvere volava.

sabato 6 novembre 2010

dop(p)ie

Oggi ho fatto le parole crociate senza schema e per due volte mi sono ritrovata a cancellare, spostare, riprovare a incastrare le definizioni orizzontali con quelle verticali ma c’era sempre qualcosa che non tornava. Era la mia ignoranza mescolata al poco amore per le doppie che non faceva tornar le cose. Foxterrier passi pure, me lo concedo, mi piacciono i gatti, so quasi nulla di cani ma emorragia con una r sola? È che lo dico con una sola r e quindi poi lo scrivo così, con una r sola: emoragia. C’è poco da girarci intorno. E ci ho messo un po’ a capire dove stavo sbagliando, mi servivano due erre per incastrarci nell’altra direzione burro di cacao e permalosi e provavo a spostare quelle due parole e pensavo non è permalosi, devo cambiare permalosi ma la s di permalosi si incastrava bene con sorpassi (lì la doppia l'avevo messa giusta) e la e, sempre di permalosi, si incastrava con nostre. Dei buoni minuti ci ho messo a trovare l’errore.
E adesso, proprio adesso mentre scrivo il post, mi è venuto in mente che mia nipote ha appena scoperto lo Scarabeo e che ora vuole giocare sempre con quello e che se, come spero, il prossimo fine settimana la vedrò allora sarà il caso che io in questa settimana mi ripassi l’uso delle doppie.

giovedì 4 novembre 2010

sicurezza

Oggi ho fatto un corso obbligatorio di primo soccorso. All’inizio della mattina c’erano tre ore scarse di teoria, tutto il resto era pratica. Adesso ho dei segni sul polso destro. Io all’inizio mi vergognavo come una ladra. Io fondamentalmente sono timida, poi se conosco le persone con le quali sono è un’altra cosa, cioè si nota meno, ma mettermi lì a fare le esercitazioni con un manichino, che poi non era uno erano due, uno di un lattante e uno di un bambino, io mi vergognavo. Non è mica facile fare queste esercitazioni. Anche solo l’inizio, all’inizio devi guardare se l’ambiente è rischioso (c’era la docente che ti diceva dov’eri: per la strada, al bar dell’ospedale, in un supermercato…) e poi devi andare lì vicino al bambino chinarti e capire come stava e ti dicevano come dovevi toccarlo e che cosa gli dovevi dire. Ti dicevano di chiamarlo, di dirgli: bambino bambino (il manichino del bambino era maschio, il lattante non si capiva, però il lattante potevi anche non chiamarlo). Io all’inizio mi sentivo molto a disagio e stavo come fuori da quello che dovevo fare, mi veniva da chiedere: ma non c’è una mamma o un papà vicino a questo bambino da chiedergli come si chiama? Che a me chiamarlo bambino bambino mi sento ridicola. Io ci ho messo un bel po’ a capire. Faccio parte di una generazione che con la sicurezza non è a suo agio. Io lo capisco che sono cose che servono, ci mancherebbe, non sono così stupida ma faccio fatica mentalmente, tanta fatica. Ho fatto fatica anche con l’obbligo del casco. Ora non faccio due metri senza. Ho fatto fatica quando mi hanno nominato responsabile della sicurezza in laboratorio. Il primo pensiero che ho avuto è stato: che palle, perché io? Ho fatto fatica a organizzare tutte le schede di sicurezza della varie sostanze che usiamo, a capire che cosa bisognava fare se ci si faceva male. Adesso a distanza di anni sono contenta di sapere quello che bisogna fare e quello che non bisogna fare, ché è molto importante anche quello, quello che non bisogna fare. Ora che ci penso anche del mio corsetto da finto pompiere sono contenta, ci hanno insegnato a usare un estintore, abbiamo provato a usare un idrante. Ma all’inizio faccio fatica, tanta. E anche oggi ho fatto fatica e mi dispiaceva provare a fare la respirazione bocca bocca e vedere che il torace del mio manichino se ne stava fermo e mi sentivo stupida e una parte della mia testa mi diceva: ma che ci fai tu qua? E c’era questa infermiera che era molto brava e paziente con noi, che ci diceva: non si nasce imparati e ci diceva come mettere la bocca, come tenere la testa. Però poi dai e dai le cose sono andate meglio. E abbiamo anche provato a fare quella manovra lì che si fa se hai qualcosa di traverso e non respiri e poi abbiamo provato anche tra noi e con un adulto sembra più facile, che almeno non ti sembra di spaccarlo, ma ci vuole forza, anche a dare le pacche sulla schiena ci vuole forza se no non serve a nulla. E il pomeriggio abbiamo anche fatto delle prove con un finto defibrillatore, finto così se uno toccava il manichino mentre c’era la scarica non ci facevamo male. E alla fine abbiamo fatto una spece d’esame. Delle domande con le crocette e una simulazione a due, e una delle due faceva il leader e poi si rifaceva cambiando i ruoli. E a fare il massaggio cardiaco se hai un orologio con il cinturino largo e provi per metà pomeriggio perché non hai idea di dove vanno le mani, di quanto premere, di che ritmo tenere, se hai un orologio così allora è meglio toglierselo e metterselo in tasca perché se no alla sera sul polso destro hai i segni. E adesso sono stanchissima, di testa, spero di non dover mai mettere in pratica nulla di quello che ho visto e fatto ma sono contenta di averlo visto fare e di aver provato a farlo e conoscendomi sono anche contenta che quel corso fosse obbligatorio per tutto il personale dell’ospedale.

martedì 2 novembre 2010

oggi




alcuni fiori sono passati dal terrazzo a casa

lunedì 1 novembre 2010

capito niente

Non ho capito niente. Sabato sono andata a teatro a vedere Immanuel Kant e non ho capito niente di quello che ho visto. Una sensazione bruttissima, però bisogna imparare fare i conti con i propri limiti e il mio limite è stato bello grande e ben sentito sabato. E sì che ero partita con un entusiasmo enorme. Thomas Bernhard è un autore che mi piace molto. Con i suoi romanzi non mi è mai capitato di avere problemi, la produzione teatrale non la conosco, avevo visto solo Ritter, Dene, Voss, due anni fa, e mi era piaciuto e invece sabato l’ho perso quasi subito, poi ogni tanto mi sembrava di ritrovarlo ma era un’impressione sbagliata e lo riperdevo. Si dice mal comune mezzo gaudio. ‘Sta cippa, a me vedere che c’erano persone che tra il primo e il secondo atto se ne sono andate non ha fatto nessun piacere. Io sono rimasta ma capire? non ho capito nulla. E pensare che quando sono arrivata ero anche contenta che era uno di quegli spettacoli che iniziano a scena aperta con gli attori che girano per la platea e interagiscono con chi arriva che è una cosa che mi piace molto e mi mette nel miglior stato d’animo possibile e poi, poi non ho capito nulla. Devo farmene una ragione.
Oggi ripensavo a come mi è arrivato in mano il suo primo romanzo. Ero a casa dei miei e volutamente mi ero portata solo un libro già a buon punto. Così leggo gli articoli in treno, mi ero detta, poi invece non ne avevo voglia e ho finito il libro e mi sono ritrovata alla sera che non avevo niente da leggere e il pensiero di più di tre ore di treno il giorno dopo senza libro. Quella sera ho chiesto a mia mamma se mi sceglieva qualcosa lei. È tornata con Il nipote di Wittgenstein. È stato amore a prima vista. Poi quando ci siamo riviste e era arrivato il momento di renderglielo, dal momento che lei aveva solo quello, io e lei abbiamo fatto un patto: quel libro rimaneva nella mia libreria a Genova e io le prestavo quelli che prendevo, e così altri quattordici suoi romanzi sono andati in vacanza da lei. E ci siamo scambiate impressioni e sottolineature, le mie arancione o rosse le sue azzurre.
Mi sarebbe piaciuto andare con lei sabato ma vivere in due città diverse a volte costringe a cambiare un po’ i programmi.

sabato 30 ottobre 2010

aggiornamento

Ho trovato degli errori: Bathya non l’ho segnata come figlia di Aronne e Tonia e Isaia nel mio schema se ne sta lì in un angolino in alto da solo e invece è il fratello di Aronne. Mi sono scappati forse perché anche senza schema li collocavo già bene nella famiglia.
Andando avanti è venuto fuori che Mosè e Isacco sono sposati tutti e due e le loro mogli si chiamano tutte e due Haja, anche Ittamar e Beniamino sono sposati e hanno il primo due maschi e il secondo due femmine. Micah è sposato con Tzafrira (se ricordo bene) e Menahem con Penin, loro hanno due figli Zohat e Ghila. Il nonno paterno di Meir si chiama Meir (sarebbe da mettere al contrario Meir si chiama come il suo nonno paterno).

come le ciliege (2)





sto leggendo un romanzo molto bello, per i miei gusti, e mi è venuta voglia di sistemare un po' tutti i componenti di quella famiglia. È tantissimo che non disegno un albero, l'esame di genetica umana l'ho dato nell'86, da quel periodo ben pochi alberi. Quando mi è capitato erano alberi piccoli, semplici. Non mi ricordavo più come si segnano i gemelli, poi mi è venuto in mente: come le ciliege. Forse. Probabile che ci siano degli errori, l'ho disegnato sfogliando le pagine che ho già letto ma non ho voglia di iniziare da capo, potrei essermi dimenticata di qualcuno così come potrebbero saltar fuori altri parenti andando avanti.
Ora continuo e se mi va andando avanti con le pagine controllo e l’aggiorno.

giovedì 28 ottobre 2010

con il lanternino

Lui mi ha chiamato che ero ancora in laboratorio e mi ha detto che andava a correre e che sarebbe tornato per le otto e mezza, di organizzarmi pure per mangiare per conto mio. Quando va a correre poi non ha fame. Una cosa inspiegabile per me, ma io non corro quindi la mia è sola un’idea inspiegabile. A me verrebbe di pensare che uno corre e poi arriva a casa che ha fame invece non è così. Almeno sembra. Uno corre e gli passa anche la fame. Dovrei provare, magari la prossima primavera. O forse anche no. Io pensavo realmente di aspettarlo, mica tornava tardi. Le otto e mezza è un orario più che normale per cenare. Poi però ho trovato un salamino in frigo, di quelli piccoli, affumicati, di quelli stagionati che tagli le fette sottili, che vengon delle fette piccole, che sembra di mangiar poco-niente. Tagliavo due fettine, le guardavo, poca roba. Ne tagliavo delle altre fettine. Accarezzavo Cato. Tornavo al tavolo. Altre fettine. Controllavo la posta, tornavo al tavolo, son piccole ‘ste fettine, quasi quasi ne taglio ancora, mi dicevo. Poi mi facevo un giretto su internet e tornavo al tavolo. A me vien fame a girar su internet figuriamoci se mi mettessi a correre. È successo che una fettina ha tirato un’altra fettina e mi lo so mangiato tutto in meno di quaranta minuti. Quando è tornato lui si è scaldato un minestrone di quelli che vendono nel tetrapak, aveva freddo, io mi sentivo un po’ in colpa ché il minestrone non lo faccio mai, infatti lui si compra quello già fatto, e per fargli compagnia mi sono messa a tavola ma il minestrone no. Io il minestrone da quando non vivo più con i miei l’ho bandito, insieme alle rape rosse e agli asparagi, anche i broccoli li frequento poco a esser sincera. Così mi sono portata una coppetta e ho finito del gelato che giaceva nel freezer da quasi tre settimane. Era poco e nessuno dei due si azzardava a mangiarlo, dividerlo sarebbe stato uguale a rimanere con la voglia di gelato in due. Cioccolato e pistacchio. Poco pistacchio un po’ di più di cioccolato, ma pochino anche di quello.
Se domani mi sveglio piena di brigole me la sono andata a cercare. Con il lanternino me la son cercata.

mercoledì 27 ottobre 2010

cosa normali e cose strane

Ogni tanto mi succedono delle cose che mi mettono di buon umore anche se a pensarci non è che una persona normale per una cosa come quella che mi è successa oggi poi diventa di buon umore tutta la giornata. E invece. Stavo tornando da una riunione, era l’una passata iniziavo anche a aver fame, ero sull’autobus, ero quasi arrivata, ho suonato per prenotare la fermata e sono andata verso la porta. Alla porta c’era un uomo che prende spesso il 45, avrà settant’anni, è sempre abbronzato e ha la pelle del viso segnata dal sole e penso anche dal mare. Ero lì e lui si è voltato e mi ha detto: a me quando la vedo sull’autobus vien voglia di salutarla. È come se la conoscessi.
Abbiam deciso che da oggi in poi, quando ci si incontrerà, ci saluteremo e ci augureremo buona giornata.

(la mia amica C. dice che sono una calamita per certa gente, ma secondo me ‘sta volta è diverso. È che non si ha più il coraggio di avere dei rapporti normali con chi s’incontra, e mi metto anch’io tra quelli del gruppo del si ha. Se vai a camminare in montagna saluti chiunque incontri e la cosa è considerata normale. Se vedi una persona almeno tre volte alla settimana ma su un autobus e parlando si decide di iniziare a salutarsi la cosa vien considerata strana)

domenica 24 ottobre 2010

un panino con la frittata e un pacco di Gocciole

Il primo suo libro che ho letto è stato Dieci cose che ho fatto ma che non posso crede di aver fatto, però le ho fatte. Son sicura perché scrivo le date di quando leggo un libro sulla prima pagina. Ho appena controllato. Io, Dieci cose che ho fatto ma che non posso crede di aver fatto, però le ho fatte lo trovo un titolo bellissimo, a leggere il libro non si cambia idea, sempre per me, secondo il mio gusto. È difficile non prendere in mano un libro con un titolo del genere, magari non supera la prova della pagina a caso, non tutti abbiamo gli stessi gusti, per fortuna, ma prenderlo in mano? mi sa che anche una persona mediamente curiosa non riesce a lasciarlo lì. Ecco, quello è stato il primo poi ne sono venuti altri, non ho letto proprio tutto tutto quello che ha scritto ma quasi.
La prima volta che l’ho sentito presentare era Accecati dalla luce, eravamo in un bar. Il Nikita, nei vicoli. Quando sono andata io quel libro non l’avevo ancora letto, avevo visto che era uscito mi ero segnata titolo autore e casa editrice e l’avevo lasciato nella mia lista d’attesa. Non sono una patita di Springsteen, avevo paura che non mi piacesse. Ho un gran bel ricordo di quella presentazione, anche la dedica che mi fatto mi è piaciuta molto: A Latte una delle cinque persone del Nikita. E poi la firma, nome e cognome. (Poi invece l’ho letto e si legge benissimo anche da non Springsteeniane). Mi ha ispirato simpatia dal primo istante, non so spiegare perché, e sì che mi sono beccata anche una botta di signora ché non ero ancora abituata, non ne avevo ancora 40, mancava poco ma avevo ancora il mio bel 3 davanti e niente, mi sono presa il mio signora e invece di rimanerci male mi veniva da ridere e pensavo: eh sì hai sette anni meno dei miei, l’età di mio fratello. Signora mi sta giusto anche da un punto di vista linguistico. Quel pomeriggio eravamo in pochi, cinque appunto. Giovedì scorso alla Feltrinelli eravamo in tanti, hanno messo giù anche delle sedie in più, che non ci stavamo.

Venerdì non mi ero portata il gavetto, sono andata al bar a comprarmi un panino. Dieci minuti buoni di fila, c’era mezzo ospedale in coda. Mentre aspettavo il mio turno per fare lo scontrino mi sono messa a ripensare alla presentazione, ai suoi romanzi, facevo anche una mia classifica, cosa difficile, ci sono tanti pari merito. Poi pensavo che il personaggio di Felice del nuovo romanzo mi piace molto, è fatto realmente bene. È vero (non verosimile). È realmente una donna. Io sono un po’ una scassa ca@@i sui personaggi femminili scritti da uomini. La maggior parte delle volte a me sembra che si veda lontano mezzo miglio che quella non è una donna, è quello che un uomo vede di una donna. Ci sono eccezioni naturalmente e poi, a pensarci con calma ci sono almeno due grosse limitazioni a quello che ho scritto: la mia testa e che cosa ho letto io. Rimane sempre il fatto che per me è difficile che ci sia una donna vera come eroina. Tra gli autori miei coetanei (sempre che ho letto, sempre secondo la mia testa e bon ora non lo metto più, perché mi sembra di essere stata abbastanza chiara su questo punto) mi ha stupito molto la protagonista di Stabat Mater. Ecco quella è realmente una donna, io non so come ci sia riuscito ma ha fatto un gran bel lavoro. In quelle pagine non c’è la descrizione di una donna, il racconto di una donna, lì c’è una donna. Un altro libro che mi ha stupito tantissimo, e cambio nazionalità e secolo, è stato La signorina Else. Anche lì l’autore era diventato donna per scrivere così. È una sensazione stranissima, non so se anche un lettore uomo capita di sentire delle differenze così profonde tra quello che a me sembra una donna vista, filtrata da una testa maschile e una donna punto.
Beh per finirla con ‘sta storia dei biscotti, che come al solito mi son persa via per strada, poi, quando è arrivato il mio turno, ho detto: un panino con la frittata e un pacco di Gocciole. (Però se non avete letto Despero non si capisce niente lo stesso e allora se non avete ancora letto Despero, oltre a consigliarvi di leggerlo, se siete arrivati fin qua leggete anche il commento)

venerdì 22 ottobre 2010

la mia scrivania




all'inizio di settembre avevo preso una decisione e poi ho piantato lì.
Ecco la seconda puntata: la mia spaziosissima e ordinatissima scrivania.
Il pacco di biscotti è una cosa atipica (è comparso oggi e avrebbe bisogno di una spiegazione ma rimando a domani) mentre acqua e olio ci sono più o meno sempre.

mercoledì 20 ottobre 2010

arancioni



io ero dell'idea di dire arancione, magari arancione chiaro e arancione scuro. Mica così semplice. A cercare si trovano delle cose curiosissime e allora forse è arancione buccia d'arancia e arancione zucca, non son sicura. Comunque pare che rosa arancione = fascino, ma quello l'ho trovato da un'altra parte.

martedì 19 ottobre 2010

una voce molto ma molto bella

È da venerdì che ho nelle orecchie la voce di Eros Pagni. È una voce che mi piace molto. La trovo una delle più belle voci maschili che ho mai ascoltato. La sua mi è già capitato di ascoltarla più volte. Dal vivo è ancora meglio che dalla televisione, dalla radio penso di non averla mai sentita. ‘Sta sera mi è venuto in mente che mi piacerebbe fare un esperimento ché in un romanzo ho trovato una teoria che mi è sembrata vera. Sempre ammesso che abbia capito quello che ho letto. Però se la metto così poi non scrivo più il post quindi fingo di aver capito, se non fosse così amen, tanto ognuno è libero di capire quello che capisce quando legge, non c’è un test da fare alla fine del libro (che immagine orribile quella del test nell’ultima pagina del libro). Dovrei sperimentare, mi sto dicendo, ma come posso farlo? Posso mica pedinarlo e chiedergli: mi scusi vorrei fare un esperimento, è un po’ una deformazione professionale la mia, però non sono pericolosa, cioè non mi sembra. Ecco io sono convinta che una cosa bella non può essere detta da una voce brutta, a me sembra che la cosa bella detta da una voce brutta non possa più essere bella, sia un po’ come rovinata da quella voce, mi sembra quasi che se la voce non rispetta la bellezza della cosa la renda brutta e così mi chiedevo se è vero anche il contrario. Sul contrario non sono sicura, è per questo che l’ho fermata. Avrei bisogno di un favore, vuole partecipare alla mia ricerca? Potrebbe dire delle cose brutte che vorrei sentire come suonano dette da lei? Se suonano belle, allora funziona anche il viceversa di una certa teoria, se no mi sa che è valida solo in una direzione. Dall’altro verso sono sicura che è così, ho già fatto tanti esperimenti.

In una voce ci sono già un sacco di cose. Nel suono di una voce, ci sono già tutte le cose che quella voce può dire. Non solo. Una voce, se è brutta, non può dire niente di bello. Una cosa bella detta da una voce brutta, mai successo. E viceversa. (Bassotuba non c’è P. Nori)

venerdì 15 ottobre 2010

20

C’è una parte di me che è rimasta romantica e anche un po’ infantile, una parte che bisogna mettersi lì a cercarla per vederla perché ci sono muri e muretti pronti a difenderla. Alcuni muri sono stati costruiti per convivere con la timidezza, alcuni sono frutto di musate prese contro altri muri, muri di tutt’altra natura, alcuni sono stati costruiti senza quasi che me ne accorgessi, un mattone oggi, uno domani e bon poi ormai erano lì e proteggevano. Brutti erano brutti ma proteggere proteggevano, lasciati lì. Questa parte qui di me, quella che fa di conto come le ragazzine, quella parte lì, quella che oggi sta scavalcando tutti i vari muri e muretti, sta dicendo: son vent’anni. Se si conta dal primo bacio oggi son vent’anni. E sì ci sono stati alti e bassi, e sì all’inizio prima sono andata io a lavorare negli stati uniti e poi ci è andato lui e i primi anni era quasi più il tempo che eravamo in due continenti differenti che il tempo che eravamo insieme ma se si fa il conto alla mia maniera, alla nostra maniera, son vent’anni.
(e ora vado a finire il mio restauro che sta sera usciamo, andiamo a teatro e questo mi sembra un gran bell’inizio di festeggiamento)

giovedì 14 ottobre 2010

come è possibile?

C’è un autore che ho scoperto per caso pescando tra i libri di mia mamma, si chiama Shalom Aleichem (poi in realtà si trova scritto anche in maniera differente, dipende della casa editrice che lo pubblica ché a passare da un alfabeto a un altro mi sono fatta l’idea che ognuno faccia quello che preferisce, e va benissimo così, a me basta che traducano poi possono cambiare lettere del suo nome come più preferiscono, mica è un problema). Dicevo che c’è questo autore e io avevo visto che doveva uscire la traduzione di un libro che non ho ancora letto e dal momento che quelli che ho letto mi sono piaciuti stavo particolarmente attenta. Poi ieri ho trovato un sito dove si può scaricare il pdf dell’intero libro. A me non piace leggere cose lunghe stando al computer così sono indecisa se stamparmelo, ma sono 254 pagine. C’era anche la possibilità di comprarlo, ho cliccato e ho visto che se lo ordino da loro sono 9 euro, se lo prendo da ilmiolibro sono 12, se invece lo prendo dalla feltrinelli sono 16.50. Ma come è possibile?
(p.s. se volete andare è qua, se non avete mai letto niente di suo a me La storia di Tewje il lattivendolo e Racconti della Shtetl. Scene di vita ebraica in un’Europa scomparsa sono piaciuti molto, per quel che vale, ve li consiglio).

mercoledì 13 ottobre 2010

'sta sera invece




'sta sera cercavo una foto da mettere al posto di quella che era a destra nel post di ieri (il Bovolo l'avevo già messo, proprio la stessa foto e sì che ne avevo fatte tre, si vede che le altre due mi piacciono realmente di meno) e così mi sono messa a rivedere le foto di quest'estate e mi è già tornata voglia di mare e di caldo sarà che 'sta mattina c'erano tredici gradi. Eh sì oggi, tredici ottobre, appena uscita di casa c'erano tredici gradi. Ora va meglio, ce ne sono sedici, però io 'sta sera vorrei essere là e 'sta sera vorrei anche che ci fossero un po' di gradi in più (così non faccio gli armadi neppure questo fine settimana).

martedì 12 ottobre 2010

'sta sera








voglia di essere altrove

lunedì 11 ottobre 2010

darsi del tu e sorridersi da lontano

Le anime hanno un loro modo particolar d’intendersi, d’entrare in intimità, fino a darsi del tu, mentre le nostre persone sono tuttavia impacciate nel commercio delle parole comuni, nella schiavitù delle esigenze sociali. Han bisogni loro propri e loro proprie aspirazioni le anime, di cui il corpo non si dà per inteso, quando veda l’impossibilità di soddisfarli e di tradurle in atto. E ogni qualvolta due che comunichino fra lor così, con le anime soltanto, si trovano soli in qualche luogo, provano un turbamento angoscioso e quasi una repulsione violenta d’ogni minimo contatto materiale, una sofferenza che li allontana, e che cessa subito, non appena un terzo intervenga. Allora, passata l’angoscia, le due anime sollevate si ricercano e tornano a sorridersi da lontano.
(Il fu Mattia Pascal Luigi Pirandello)

domenica 10 ottobre 2010

come il collaudo di un’auto

Bon si volta realmente pagina anche a essere pignoli pignoli, e io spesso lo sono, oggi sono passati cinque anni esatti e quindi si volta pagina sul serio. In realtà già alla fine di luglio avevo mezzo girato la pagina, il 23 sempre a essere pignola pignola e poi a me le date stanno in testa che è una meraviglia e non so come mai ché a memoria non sono mica messa tanto bene, dicevo che anche alla fine di luglio avevo già mezzo girato pagina ché quando mi ha detto: il prossimo controllo a maggio io l’avrei baciato quel dottorino che avrà dieci anni meno dei miei, anche se mi sa che se l’avessi fatto sul serio sarebbe sembrata una cosa differente da quella che era. E io quella giornata lì, quella del 23 luglio me la ricordo bene, e mi ricordo bene anche la telefonata con la mia amica C. che quello per me era il primo giorno di ferie e così ci siamo sentite per telefono invece che dircelo a quattr’occhi in laboratorio, magari non proprio in laboratorio, magari fuori dal padiglione con un caffé in una mano e la sigaretta nell’altra. E poi il giorno dopo sono partita per la mia settimana di vacanza a Venezia e per tutto il viaggio d’andata pensavo: maggio, ma maggio è tra tantissimi mesi, maggio è lontanissimo, deve passare l’estate, e poi venire l’autunno e poi deve passare tutto l’inverno e poi c’è ancora del tempo, perché poi deve passare un pezzo di primavera. E oggi ci ripensavo e pensavo che dieci mesi sono un’enormità di tempo e poi pensavo anche che se continuerà a andare tutto bene dal prossimo maggio si passerà a una volta all’anno e una volta all’anno è pochissimo, una volta all’anno è un po’ come il collaudo di un’auto. Una volta all’anno? va benissimo una volta all’anno, siam partiti da ogni tre mesi, una volta all’anno? Una volta all’anno è una pacchia.

venerdì 8 ottobre 2010

gatto bianco




Stavo cercando di far ordine sulla scrivania del mio computer (cercando di compiere un’impresa eroica sarebbe meglio). Buttavo nel cestino cose scaricate e lette ma che non voglio conservare, mettevo nei posti giusti quello che magari mi può venir voglia di rileggere, facevo una cartellina con i programmi vari: teatro, cinema in lingua originale… I film in lingua originale mi sarebbero tanto utili, che poi sarebbero film in inglese quelli che ho segnato ad eccezione di uno che è in spagnolo. Se si tolgono pochi termini scientifici io, in inglese, ho un vocabolario scarsissimo, non che quello italiano sia vasto ma va già un po' meglio. Ogni volta parto con i miei buoni propositi e poi addio propositi, ci rivediamo con l’anno nuovo, forse. Quando ero in Croazia ho provato a far conservazione con una collega tedesca e cippa che riuscivo a risponderle su come stavano i finanziamenti della ricerca in Italia, avrò detto un quinto o forse meno di quello che volevo, è tremendo provare a tenere un ritmo non bradipesco se ti mancano le parole. Si sviluppa la fantasia però, ho fatto dei giri di parole lunghissimi e i giri lunghissimi son già pericolosi quando li faccio nella mia lingua, in una lingua che non conosco sono pienissimi di insidie. Ma io so già come andrà a finire anche questa volta con i miei buoni propositi sull’andar a vedere film in inglese, ché io posso anche confidare sulla mia amica C. ma mi sa che mi tirerà di quei pacchi ma di quei pacchi che quasi quasi conservo le scatole che poi quelle vengon sempre utili. Uno me lo ha già tirato, ho appena controllato: 8/10 cinema Corallo 15.30-18.00-21.15, Whatever Works -Basta che funzioni di Woody Allen con Larry David, Adam Brooks, Evan Rachel Wood Commedia, U.S.A., Francia, 2009, 92'. È lì, bello sottolineato, tanto vale che lo tolga dall’elenco e non perché ci sia andata oggi. Ero lì che mettevo ordine e ho ritrovato quest’immagine e non mi ricordo mica più dove l’avevo trovata, era un posto dove c’erano queste foto di opere fatte utilizzando libri, disponendoli in maniera strana, dipingendo sui dorsi e a me questo gatto era piaciuto molto. Questo lo tengo, lo metto con le foto di Cato, così si fanno compagnia.

giovedì 7 ottobre 2010

in compagnia



Il fine settimana scorso guardavo il casino che abbiamo negli armadi, sono armadi che hanno ancora tutta la roba estiva, ma tutta tutta eh, e notavo che piano piano stavano comparendo dei maglioni. Anche le scarpe eran lì tutte mescolate con le infradito che guardavano male l’arrivo delle scarpe chiuse e mi dicevo: non ne ho voglia, faccio il prossimo fine settimana, e poi mi trovavo delle scuse, mi dicevo: magari arrivano ancora delle belle giornate (e infatti lunedì ah che bel tempo che c’era a Genova lunedì, piovuto niente lunedì). E sempre sabato, tanto per tirarmi su, pensavo che quando arriva questo cambio degli armadi inizia anche la stagione teatrale. E pensavo che mercoledì andavo alla presentazione della stagione della Tosse e che subito dopo la presentazione della stagione c’era Lo show dei tuoi sogni. Ne avevo trovato un pezzetto su YouTube a giugno, o a luglio non ricordo, era un pezzetto solo ma mi aveva incuriosito, parecchio.
Così ieri io e la mia amica Daniela, dopo un bicchiere di vino bianco e dei pezzetti di focaccia, abbiamo scoperto che Genova è la città italiana con il numero maggiore di teatri in proporzione al numero degli abitanti. Genova città dei teatri, ma guarda te! non lo sapevo, ‘sta città mi stupisce ogni tanto. E oggi, adesso, stavo pensando che quello spettacolo è proprio bello, secondo me, e che sono anche contenta che abbiamo richiamato fuori quei tre per tre volte così hanno fatto anche il bis e anche il bis è bello. E poi pensavo che sono contenta di esserci andata con Daniela ché se vado a teatro con un'amica/o è ancora meglio perché così poi ne parlo con chi era lì con me e lo spettacolo dura di più in quella maniera. Ma pensavo che anche andare da sola a teatro mi piace, che anche da sola a teatro ci sto che è una meraviglia, al cinema un po’ mi intristisco a entrare da sola a teatro no, a teatro ci vado spesso anche da sola, ché quando mi siedo là non mi sento mica sola, sono in compagnia, cioè io mi sento in compagnia, in compagnia di sconosciuti ma in compagnia.

martedì 5 ottobre 2010

contro il sonno?



Dal momento che oggi mi sono arrabbiata per ben due volte sul lavoro, dal momento che in questo periodo sto passando in laboratorio più ore dell’orologio, dal momento che alle sei e cinquanta, proprio prima di uscire ero piegata in due dalla colite, che io so benissimo essere da nervoso perché la conosco la colite bastarda, dal momento che arrivata a Brignole a sentire tutti quei clacson che suonavano mi sarei messa a urlare: ma cazzo suonate ché è così tutte le volte che c’è il salone nautico, fatevene una ragione o andatevene a piedi, ecco, considerando tutti questi dal momento che, mentre cerco di parlare con la parte di me ancora rimasta sana per convincermi che un lavoro è un lavoro, che può anche essere bello, interessante, può anche essere che si ha la fortuna di fare il lavoro che si è scelto ma che senza ombra di dubbio alcuno un lavoro rimane sempre comunque un lavoro, mentre cerco di trovare questo punto d’ascolto con me stessa sono entrata nella prima erboristeria incontrata in via San Vincenzo e ho comprato della passiflora (= buttato via undici euro per un concentrato liquido molto amaro).

‘sta sera pizza ché se mi mettevo ai fornelli veniva sicuramente male anche l’uovo al tegamino e poi passiflora e poi ancora caffé. Ora passo dal quel sito là che dovrebbe aver tutto di tutto per cercare una foto della passiflora incarnata, volevo essere precisa e di passiflora ne esistono di differenti, passo da lì e leggo che le sue foglie, quelle della passiflora, sono ricche di flavonoidi e curarine ricche di proprietà sedativa e antispadmodica. E anche che la passiflora è indicata contro la tachicardia, l'ansia e il sonno. Contro il sonno? E mi torna il buon umore (quasi).

domenica 3 ottobre 2010

mi ha conquistato subito

Ieri sono andata a sentire la presentazione di Non è un paese per vecchie. Volevo dare un viso ma soprattutto una voce alla Lipperini. ‘Sta cosa di dare un viso e una voce è una cosa un po’ pericolosa se si è fatti come son fatta io, perché quando ti piace leggere qualcuno e poi decidi che vuoi dare a quelle parole una voce e un volto non sai a priori quello che troverai e così può succedere che trovi qualcosa che ti piace e leggi ancora più volentieri, ma può anche succedere che trovi qualcosa che proprio non ti va e poi fai fatica a dividere quello che leggi da quello che hai visto. Con la Lipperini è andata bene. Quello che più mi ha colpito è il suo sorriso. Pur essendo una che sorride parecchio per i miei gusti ha un gran bel sorriso. Ha un sorriso che non è un sorriso invadente, sfacciato, la Lipperini ha un sorriso che scalda, secondo me. A presentare Non è un paese per vecchie c’erano anche altre due donne, una aveva una runsa tale che facevo fatica a guardarla. Mi urtava da matti. C’è niente da fare, io alla presunzione e all’arroganza sono allergica. Non dico che questa donna sia realmente così, ci mancherebbe, non la conosco come potrei dire una cosa del genere, però quello è quello che mi arrivava: una runsa ma una tale runsa che quando parlava, per riuscire a ascoltarla, dovevo guardare da un’altra parte e anche così avevo le mie difficoltà. L’altra donna invece mi ha conquistato subito. Si chiama Silvia Neonato. Mi piace tutto di quella donna: le idee, la voce, gli occhi, il modo di muovere le mani, le mani. E anche qua ci sarebbe da dirsi che non la conosco, che non posso dire che mi piace tutto di lei. Posso anche dirmelo che non posso, ma rimane il fatto che era così. Tutto quello che mi arrivava mi piaceva, tutto quello che vedevo mi piaceva, il suo saper ascoltare mi piaceva, molto.
Ci stavo ripensando prima mentre stiravo e mi sono venute in mente delle righe molto belle che un po' (forse) raccontano qualcosa di simile a quello che mi è successo ieri. Ci ho messo un po’ a ritrovarle, stranamente non le avevo segnate. Ho iniziato dalla prima pagina, sono metodica se voglio e dato che ci sono non mi fermo lì, a quel punto, a pagina 55, me lo rileggo tutto. Gran bel libro. Molto bello anche alla terza lettura.

sabato 2 ottobre 2010

sarà l'età

In questi giorni sto leggendo Il fu Mattia Pascal e ieri sera mi sono ritrovata a pensare: ma guarda, chi l’avrebbe mai detto che è così bello. Che regalo che mi ha fatto la Fiorellino.
La Fiorellino di nome in realtà fa Margherita, era la mia prof d’italiano del triennio, al liceo. Lei è riuscita a rovinare qualsiasi cosa mi dava da leggere in quegli anni. Succedeva l’opposto di quello che succedeva con la prof di tedesco, quando quella di tedesco ci dava dei brani da leggere poi a me veniva voglia di leggere tutto il libro, mattoni inclusi. Quando quella d’italiano ci dava qualcosa da leggere il mio primo pensiero era dove potevo trovare un riassunto e limitare le pagine lette al minimo sindacabile. A volta ci riuscivo, a volte ero a rischio d’integrazione e non rischiavo, leggevo ma sbuffando e contando quante pagine mancavano alla fine. Così poi è successo che quando da grandina ho ripreso in mano dei libri che la Fiorellino mi aveva già cercato di mettere in mano capitava che pensassi: ma guarda che cosa mi ha rovinato quella donna. Calvino per esempio. Qualche anno fa mi sono riletta Calvino e ero piena di questi pensieri. Mi montava, a distanza di anni, ‘sto risentimento per questa donna. Un risentimento esagerato e a essere sincera anche ingiustificato ché buona parte dell’errore era stato mio e mio soltanto. Ora invece, sarà l’età che fa ‘sti scherzi, mi dicevo, ma ora invece son qua che me lo godo Il fu Mattia Pascal son qua che mi dico che è un gran regalo quello che mi ha fatto perché magari non lo trovavo così bello ora, se già sapevo che era bello ora io non me lo godevo così.

giovedì 30 settembre 2010

aggiornamento

Ieri ho saputo che Troll ha strappato una penna a Trill, dal collo. Mi è stato anche spiegato che un po' è successo perché non si conoscevano bene, in negozio non erano mai stati insieme perché i maschi e le femmine erano in due gabbie differenti. Abbiamo pensato che, dal momento che amor senza baruffa fa la muffa, ci sono ancora speranze. Magari un giorno arrivano anche i pulcini di canarino.
Noi aspettiamo, chissà come andrà avanti la Trxll storia.

mercoledì 29 settembre 2010

non il gavetto

Cose che avevo in borsa ‘sta mattina verso le dieci, cioè non appena uscita di casa ma dopo essermi trasformata in una DHL vivente:
- portafoglio
- sigarette e accendino
- due mazzi di chiavi (casa e lavoro)
- un fazzoletto da naso (di stoffa, lo so non li usa più nessuno ma a me piacciono e il trovo decisamente migliori di quelli di carta)
- telefonino (quasi scarico, infatti alle 12 mi ha detto: ciao belina, dovevi ricaricarmi)
- un sacchetto con dentro un gavetto (ricotta e un pomodoro) e uno yogurt (in laboratorio c’era la scorta di Michetti, ché senza pane non si può mangiare)
- un libro
- una biro e una matita
- un sacchetto con sei provette, ognuna conteneva una bulk NK (delle cellule che cerco di studiare, non da sola è un lavoro di gruppo)
- un sacchetto contenente quattro provettine di sangue
- fogli di accompagnamento dei vari campioni

Ero sull’autobus per andare al lavoro, anche se a essere sincera io considero lavoro pure andare a prendere i campioni ma lasciamo perdere questo mio personalissimo punto di vista per il momento ché non è importante al fine del racconto, quando mi è venuto in mente: e se si apre qualcosa i sacchetti terranno? Ho messo in salvo il libro. L’ho tolto dalla mia Mary Poppins borsa e anche se non mancavano molte fermate mi sentivo meglio con il libro in mano. Non il gavetto. Il libro.

lunedì 27 settembre 2010

i difetti del normale

Il normale è un buon equilibrio di difetti.

Sentito oggi a un seminario sugli SNP (Polimorfismo di Singoli Nucleotidi), secondo me fa pensare, non mi sembra una brutta definizione anche perché: che cosa è il normale?

domenica 26 settembre 2010

un gran bene

Ci son dei fine settimana che mi tratto proprio bene, faccio le cose che mi piace fare (come leggere o mangiare) e magari riesco anche a incastrare cose che non mi piacciono tanto ma che se poi non le faccio inizio male la settimana (come lavar i panni o pulire i pavimenti)

Sabato: Operette ipotetiche + porcini e polenta
Domenica: L’amore non si dice + spezzatino con carote e patate

‘sta volta mi sono voluta un gran bene. Mi sono anche regalata: un profumo, un paio di scarpe e cinque libri :D, inizierò la settimana nel migliore dei modi possibili.

venerdì 24 settembre 2010

fontana splatter



'sta sera sono andata a prendere un aperitivo con Daniele e Ettore. L'appuntamento era in piazza Matteotti alle sei e mezza e quando sono arrivata in piazza De Ferrari, prima di fare l'angolo e arrivare dove volevo arrivare, ho visto la fontana splatter.
Un po' mi faceva impressione ma un po' mi faceva ridere.

giovedì 23 settembre 2010

Dubrovnik-Cavtat (6)


Una volta imbarcata sono andata su, al piano più alto (si chiamano piani quelli delle navi? forse sono livelli, mi sa che son ponti, sì mi sa che son ponti), e son andata su un po’ per vedere meglio, un po’ perché speravo che ci fosse una bava d’aria ché avevo caldo e furbescamente ero vestita di nero. So essere una volpe quando m’impegno. Va bene che il nero smagra però dovrei anche tener conto del periodo dell’anno, almeno penso sarebbe furbo farlo. Comunque, tornando alla gita-tutti-insieme, quando arrivi a Dubrovnik dal mare e vedi le mura dal mare, quello è un gran bel vedere. Una volta sbarcata la mandria è stata suddivisa in gruppetti di circa 40 persone e ogni gruppo aveva una guida. La nostra guida era simpatica e naturalmente io ne ho fatto subito una delle mie così poi son diventata la macchietta del gruppo. Già alla seconda tappa ci eravamo dimezzati, lei poverina c’era rimasta male e così ha detto: mi sa che quello che sto raccontando non è interessante, vi sto perdendo. Ne ho già persi metà. A me dispiaceva e così ho risposto, ma a bassa voce e poi in italiano, me non mi perde, a me interessa. Lei ha sorriso, ha tradotto, così gli altri mi hanno guardato e memorizzato per bene e da quel momento se io mi allontanavo un attimo per fare una foto lei smetteva di parlare e diceva: Where is the italian lady? E giù che gli altri iniziavano a fissarmi e sentivo gli occhi nella schiena e poi mi facevano segni come di tornare nel gruppo (ché a una gita-tutti-insieme poi mica andare a fare le foto e poi ritornare nel gruppo a tuo piacimento). Tra me e un tedesco è anche iniziata una specie di gara a chi rispondeva alle domande della guida. Pareggio. Lei cercava di mettercela tutta per farci interessare. Io di solito non faccio gite guidate, l’ultima risale a due anni fa che siamo stati a fare il giro del ducale, qui a Genova, ché vivo qua dall’88 e non avevo ancora visto le prigioni. Non sono esperta di gite con guida ma a me piaceva star lì a sentire. Mi pareva di aver il lavoro più facile, non dovevo prender la guida, che poi è la guida dei miei, io in Croazia non ci ero mai stata così quando ero stata da loro per il compleanno di mia nonna l’avevo presa su. Iugoslavia c’è scritto sulla copertina. Dicevo, che mi sembrava di aver il lavoro più semplice, che non dovevo cercare la pagina, leggere, guardare, mettere la guida nella borsa, tirai fuori la macchina, rimettere la macchina nella custodia riprendere la guida, cercare di nuovo il segno. Però, ad essere sincera, c’erano anche delle cose un po’ così-così: anche usando tutta la mia buona volontà, ma tutta tutta eh, i miei occhi e il mio cuore non potevano proprio vedere la torre dell’orologio di Dubrovnik uguale a quella di piazza S. Marco. Una campana e due (pseudo) mori non è sufficiente, quelle due torri non sono uguali.
Dopo averci portato un po’ in giro ha dichiarato la parte guidata finita ci ha fatto vedere dove sarebbero arrivati gli autobus per riportarci all’hotel e… e quindi liberi tutti per un’ora. Son finita con tre italiani, due spagnoli e un’americana in un bar, a bere una birra. All’aperto, all’ombra. Sull’autobus mentre tornavamo indietro si vedeva questa palla arancione che scendeva sul mare, sembrava fin finta da tanto arancione che era. Mi sembrava un colore così forte, così innaturale che, se invece di vederlo con i miei occhi dal vivo lo avessi visto, sempre con i miei occhi, ma in foto avrei pensato: guarda come hanno ritoccato male i colori.